La parte fisica di un brand (il prodotto) è fatta di elementi touch point. Il branding supera la componente fisica e lavora sull’emisfero destro del cervello: quello specializzato nell’elaborazione delle emozioni.
<aside> 💡 Branding: l’etimologia di questa parola deriva da “marchiare a fuoco”. Il termine veniva utilizzato dai fattori per dire di aver “marchiato” le proprie mucche per distinguerle, così, dalle mucche di un’altra fattoria.
</aside>
Libro: La mucca viola - Seth Godin. Probabilmente è un riferimento all’etimologia della parola branding.
Per neuroscienze si intende l’utilizzo di diverse discipline (cognitivismo, comportamentismo, sociologia, ecc) ai fini di favorire la mentalizzazione del brand, ovvero: le aziende fanno in modo che i consumatori possano identificarsi nel proprio brand. Si mettono in campo i valori etici in cui l’utente crede o si identifica. Per fare ciò, si utilizza lo storytelling.
Di fatto, anche se il price index è simile a un’altra azienda, facendo operazioni di branding - grazie all’utilizzo delle neuroscienze - ci si può distinguere dalle aziende competitors rivolgendosi a segmenti di mercato differenti.
<aside> 💡 Il branding è dunque un metodo per differenziarsi dagli altri (marchiarsi) e va oltre il prodotto e le intenzioni commerciali. Siamo in un regime di concorrenza allargata: è fondamentale utilizzare metodologie di marketing.
</aside>
Il modello di Kapferer nasce a monte degli anni ‘90: momento storico deciso che ha sancito il passaggio da marketing tradizionale degli anni precedenti a marketing esperienziale o di brand.
L’assetto di lettura, adesso, è invertito: difatti, oggi, è importante iniziare prima da cultura aziendale e personalità di marca e occuparsi, solo successivamente, dell’esternalizzazione del brand (aspetto ed elementi di design).
<aside> 💡 Skinner e la variabile interveniente (o di disturbo): partendo dalla teoria del riflesso pavloviano, Skinner applica il riflesso condizionato del celebre scienziato alle discipline di marketing. Ne consegue che la buona riuscita di un messaggio (di marketing) non sempre scaturisce la reazione desiderata poiché potrebbero esserci delle interferenze (fa riferimento al modello Shannon-Weaver: fra fonte dell’informazione e destinatario, il canale potrebbe subito una fonte di rumore). Queste interferenze potrebbero essere: appartenenza a un ceto o movimento sociale, credenze personali, influenza del gruppo di appartenenza. In conclusione: non esiste una risposta standardizzata. Cosa succederebbe se, durante l’esperimento sul riflesso condizionato, uno dei cani avesse avuto il mal di pancia? O non avesse sentito il suono del campanello a causa di un rumore di sottofondo? La reazione allo stimolo sarebbe stata differenze.
</aside>
Appurato che le caratteristiche fisiche dei prodotti non erano più sufficienti per avere un pubblico, negli anni ‘90, i modelli di marketing cambiano: si passa da una cultura di product oriented a una di human spirit. Gli aspetti fisici passano in secondo piano: